
Francisca
Opera da camera
Libretto di Giuliana Adamo | Musica di Cosimo Colazzo

© 2020/2023 Giuliana Adamo (autrice del libretto) – Cosimo Colazzo (compositore della musica) – SIAE – Roma
℗ 2020/2023 Piazza del Mondo, Associazione culturale – Rovereto – segreteria@piazzadelmondo.it – www.piazzadelmondo.it
Liberamente ispirato al testo di Maria Attanasio Correva l’anno 1698 quando nella città accadde il fatto memorabile (I ed. 1994; ristampato in Lo splendore del niente e altre storie, Sellerio, Palermo, 2020)
Personaggi:
Francisca/Francisco – Soprano
L’inquisitore. Don Bonaventura Cappello – Baritono
Voce recitante (dove si mischiano le voci della narratrice del XXI secolo e quella del cronista del XVII secolo)
SCENA PRIMA
(Inquisitore e Francisca)
Aula severa, una finestra con le grate, fioca luce di candela, un tavolo, uno scranno, un crocifisso al muro con la scritta “Exurge Domine et judica causam tuam”. L’inquisitore, imponente, ricoperto dai suoi paramenti è seduto, Francisca, esile, vestita con umili panni da contadino, gli sta davanti in piedi, oltre il tavolo
Inquisitore (freddo, austero):
Sapete perché siete qui stata condotta?
Perché gli sbirri miei
vi catturarono e imprigionarono?
Francisca (incolpevole, umiliata):
Mi trassero da dove passavo la notte, Signore.
Il capo dei birri violenza tentò
sciacallo notorio sui vivi e sui morti…
mi si avventò urlando
“hai toppa di femmina o ferro di maschio?”
La folla nemica
in amica mutò
“portiere d’inferno” quell’uomo appellò
per terror di linciaggio, la violenza fermò…
Inquisitore (imperioso):
Tacete!
Voi diritto a denunciare non avete!
In questo tribunale a processo voi siete!
Inquisitore (glaciale):
Il popolo incitava che foste catturata
strega stregazza bottana indiavolata
questi i nomi con cui siete chiamata!
La voce del popolo
(voci come da lontano)
prendila, legala, stringila, bruciala
è forza potente
l’Inquisitore deve ascoltare le grida
(voci come da lontano)
prendila, legala, stringila, bruciala
della propria gente!
Francisca (oltraggiata):
Orrendo rumore mi giunse
Inquisitore (serio, distante):
Il vostro nome qual è?
Francisca (impaurita ma indomita):
Francisca è il nome mio
Inquisitore (autoritario, poi più caritatevole):
Non mentite! dite il vero!
Confessate e l’anima vostra salvate!
Al vero penitente tutto Iddio perdona!
Dite, dunque, come vi chiamate.
Francisca (fragile ma con tenacia):
Francisca è il nome mio
Inquisitore (perentorio, con le carte davanti, sul tavolo):
Accusata voi siete di non essere tale.
Qui leggo, e mi dicono, che altro nome voi avete,
e nome di maschio!
‘Francisca’voi dite,
‘Francisco’voi siete.
Qui leggo che “a travagliari cogli uomini” andaste
E “che carnalmente loro serviste”…
Di diabolici traffici voi siete accusata!
Qual è il nome vostro?
Parlate!
[Musica (per dire lo sconcerto, il senso di incomprensione e di ingiustizia, la paura di Francisca)]
[Francisca: muta, a testa bassa]
Inquisitore (imperioso):
Non rispondete?
Tacete?
… Chi siete?!
Il nome vostro dir non volete?
[Musica (per esprimere un lungo Silenzio]
L’Inquisitore (fremente, agli sbirri):
Portatela via!
che in cella ritorni!
Preparate la corda, gli aculei…
che parli e confessi!
(A se stesso):
(Mi tornan alla mente il Piazza e il Morra
e la loromeritata colonna infame)
[NB: su ‘meritata’ rapida pausa come per un ripensamento subito scacciato]
Gli sbirri afferrano Francisca e la portano via brutalmente. Gli occhi di Francisca scintillano di orgoglio e di offesa.
[Musica (inquieta e sommessa)]
Inquisitore (sempre coi paramenti):
Ma chi è?!…
Come osa?
… che creatura è mai questa?
di me si fa beffa?
Non parla e non risponde?
… che slogata confessi!
Fortuna che ho grande potere
Protetto dalla fede…
Un detto e la disfaccio.
Il nome suo mi tace?
La punirò ben io!
(Guardando le carte)
Leggo qui che faceva
Leggo qui come viveva
Leggo qui che si travestiva…
… perché mai?
Che diavoleria è mai questa?
Scoprirò codesto inganno!
La mano mia possente
distruggere la può!
Strega stregazza bottana indiavolata
venuta a disturbarci
mandata dal maligno…
Hai “fatto magaria et invocato li demoni”…
nulla e nessuno al fuoco
sottrarti potrà!
Strega stregazza bottana indiavolata
libera di nuocere a Calacté
io non ti lascerò…
No, di certo.
…che aspetto…
… che viso hominigno…
… (però… è flessuosa
e begli occhi, fiero il labbro)…
(Rivolge lo sguardo ai ritratti dei papi appesi nella stanza che severi lo guardano. La loro voce gli echeggia nella testa):
Strega…!!?
…..’strega’!!
Chissà se…
Mah!
Chissà…
…Non fugge il mio sguardo…
Mi guarda ma tace
Non spaventata
Ma attonita…
L’attende la brace!
Ma…
voglio sapere da lei chi è!
… Urlare, strepitare da fuori io sento…
Strega. Stregazza. Diavolo d’Inferno
Rumoreggia la folla,
dà sempre agli untori
caccia sempre le streghe.
E questa indiavolata a me dinnanzi
… l’ordine non rispetta
le convenzioni ignora
ipocrisia e lussuria
le sono consorelle…
Contro gli eretici!
contro gli untori!
contro le streghe!
Noi Inquisitori
processi, roghi, autodafé
per armi abbiamo…
Sua facta, sua nomina
ad rogum eam recunt…
È mio mandato dar vigor di legge
contro le più tremende offese.
…Ubi terror, ibi salus…
La fiamma del rogo l’attende,
si attizzin i carboni…
Per Bruno dopo lungo processo…
per questa sarà question d’un baleno…
Coscienza soccorra…
(Si ferma, esita, sussurra a se stesso):
(Perché rallento…?!
…il semplice spesso doppio diventa
l’armonia sconvolta diviene
il certo in incerto si muta…)
(Si riprende, respira profondamente, e con voce ferma conclude):
Ma dubbi non ho.
Poi…
come di norma,
la fiamma del rogo
placherà la folla,
riporterà la pace,
salverà il potere.
…Sua facta, sua nomina
ad rogum eam recunt…
…Ubi terror, ibi salus…
[Musica (per dire il sorgere di dubbi e cattiva coscienza)]
Volge le spalle al pubblico di due terzi, guarda di nuovo, perplesso, i ritratti dei papi. Poi legge sul muro la scritta: “Exurge Domine…”. Cambia espressione, diventa accigliato e pensieroso.
SCENA SECONDA
[MUSICA (come da lontano, accompagna voce narrante/coro)]
Voce/coro (racconta l’antefatto):
Orfana, sola e povera, un dì sposò Nicola,
contadino nei campi per vivere e campare.
Lei amata e amante al fianco ad imparare
un mestiere che un giorno per vivere userà.
La vipera lo uccise,
lei si trovò più sola.
Povera più di prima,
puttana no, non volle.
Si diede a quel mestiere
imparato da Nicola.
Solo per maschi era,
vietato per le donne.
Provò a farlo da femmina:
fu irrisa e poi respinta.
Tenace e pur spavalda,
ci riprovò e la vinse.
La fama delle sue mani
intorno si diffuse.
Mai come lei nessuno
riuscì a potar così.
Tutti ora la vollero
a lavorar con loro.
Odiata più che mai divenne
e a tutte invisa.
Impaccio lei provava
per le sue lunghe vesti,
ed imbarazzo nell’attirare
sguardi e mani maschie,
per carne di caviglie
e busto ben tornito.
Lasciò catoio e quartiere
per altri due miseramente uguali.
Messer Francisco divenne
per continuare a campare.
Si travestì da maschio
e andava ai campi al soldo,
la sua figura androgina
seguita dagli sguardi…
La fascia attorno al seno,
La voce bassa e lenta,
Corti i capelli folti,
Così si nascondeva “cumparuzzu”…
Al campo era bravissima
e lavorava sodo.
La figurina esile
richiamava attenzioni
con e senza dolo.
Si sorpresero…
La scrutarono?
Si incuriosirono…
La invidiarono?
Si sentirono sfidati…
La violarono ?
Era il diverso
Era lo strano
Era quello che non si dice
…forse quel che ognun si sogna
Si aggiunsero le donne:
Stornava i mariti
Rubava i compagni
Non stava rinchiusa
Non badava a criatura
Non taceva nel silenzio secolare
di madri e di figlie.
Chi è?
Come è fatta?
Curiosi.
Cos’è?
Come è fatto?
Sospettosi
Dove va?
Cosa vuole?
Bramosi
Perché a voce bassa?
E in disparte?
Biliosi
“Bloccarla si deve
bloccarlo bisogna:
…una strega?
La strega!
… che il fuoco ci salvi
e d’intorno la levi!
… la strega
… il demonio
Al più presto si bruci…!
Rivogliamo la pace
dei sensi nostri,
e dei sonni.
SCENA TERZA
(Inquisitore e Francisca)
Inquisitore (autoritario, più curioso e compassionevole):
Allora…
Parlate?…
Come vi chiamate?
Rispondete!
Francisca: (triste, decisa)
Francisca, Signore.
Francisca, mi chiamo.
Inquisitore (cominciando a mostrare insofferenza):
Insistete voi dunque?
Così tenace voi siete?
Negate lo strano?
Non dite il maschile?
La gente folleggia? calunnia? vi insulta?
Sapete che il popol caldeggia la strega?
Parlate!
O alla corda finite…
e là parlerete!
Francisca (spaventata, inerme, ma fiera):
Francisca mi chiamo, Signore.
E strega non sono.
Inquisitore (ormai spazientito):
Voi dunque insistete.
Messer Francisco voi non conoscete?
Parlate o tortura vi aspetta!
Parlate o al rogo voi andrete!
Di diabolici inganni voi siete accusata.
Inquisitore: (inspirando, appellandosi alla propria pazienza, mostrando costernazione):
Tempus fugit…
Dovere supremo è il mio!
L’ora è vicina:
confessatevi!
Salvatevi l’anima!
Per voi pregherò!
Per l’eterna salvezza…
A se stesso (dubitante e meravigliato):
(… ‘salvezza’?!…’aldilà’…!?.
… È strano…
Nulla chiede per sé:
né venia né pietà.)
A Francisca (come dovuto, pur già esitante, l’ultimo tentativo di carpirle il suo segreto):
Non parlate?
Vi ostinate?
So ben io che cosa fare!
[MUSICA (l’Inquisitore si alza, dà le spalle al pubblico, alza la testa e si concentra sulla scritta sul muro “Exurge Domine, judica causam tuam”)]
SCENA QUARTA
(Francisca, sola)
Francisca (Incredula, come trasognata):
Cielo…!
perduta sono?
La fine mia già è giunta?!…
Qui a testa bassa e muta,
attendo il rogo mio…?
E perché…?!
Che male io feci!?…
…Nicola…
… ‘Cumparuzzu’…
…i campi…
… il sole…
…in cenere…!?
Incolpevole sono!
Ai derelitti appartengo…
Male non feci a alcuno…
“Chi siete?”…
Come dirgli chi sono?
In che lingua?!
Che mi chiede con voce severa e potente?
Che gli dico con voce sommessa e inerme?
Come dirgli di me e di Nicola?
Di “Cumparuzzu”…?
Del tempo passato nell’amore e nei campi?
Della morte per vipera del mio unico bene?
Del terremoto che Calacte distrusse,
Della fame e miseria, del freddo e terrore
nel catoio dove sola alla fine rimasi?
Che scelta io avevo?
Puttana per strada?
Serva in convento?
Raggiungerlo per fame nell’oltre di morte?
Vivere volevo, e libera.
Feci cader le trecce,
il seno mio compressi,
i panni suoi al posto dei miei mi misi.
Franciscoero di giorno
Francisca ero di sera.
Al campo a lavorare coi maschi andavo.
Sola, nascosta e fimmina,
…come dirgli la vergogna e la pena?
Coi maschi, travestita e homo,
…come dirgli il dolore e la sfida?
E la solitudine, e la paura,
e la speranza per la vita mia?…
Strega, Stregazza…
‘Strega’ sono io?
No certo!
Bottana, Bottanazza
‘Bottana’ sono io?
No certo!
Vivevo.
E vivere voglio.
Amai.
E amare sogno.
Indiavolata…
‘Indiavolata’ sono io?
No certo!
Chi così mi chiama
che ne sa di Francisca?
che ne sa di Francisco?
Per paura? per bigotti ? per invidia?
Strega mi chiamano.
Ma a chi fa male il mestier mio?
A chi fan danno i nomi miei?
‘Corda’ ‘Tortura’ ‘Rogo’
che nomi!
Io Francisca, io Francisco sono:
i nomi miei…
Ho cuore di femmina,
e mani da uomo,
e cervello di entrambi.
No, il silenzio mi uccide.
Si sciolga il grumo che mi lega
la gola e la parola…
Io non sono ‘strega’
Io non faccio male a nessuno
Francisca mi chiamo,
Francisco son io.
(Si abbandona a un canto incontrollato, ossessivo, un lamento funebre – ‘moroloja’ – in griko)
‘Vo se meno, ivò, pedàcimu,
‘vo se meno ros ‘s tes tri:
mott’ivò torò t’en èrchese,
votò o cipo ce in avlì
‘Vo se meno, ivò, pedàcimu,
‘vo se meno ros ‘s tes saranta:
mott’ivò torò t’en èrchese,
ivò χanno pa speranza.
Ivò se meno, ivò, pedàcimu,
‘vo se meno ros ‘s to χrono:
mott’ivò torò t’en èrchese,‘vo peseno j’o mea pono
[trad. it.: Io ti aspetto, io, figlio mio, / io ti aspetto fino alle tre: / quando io vedrò che non vieni / cercherò nel giardino e nel cortile. // Io ti aspetto, io, figlio mio, io ti aspetto / fino ai quaranta giorni: / quando io vedrò che non vieni / perderò ogni speranza. // Io ti aspetto, io, figlio mio, / io ti aspetto fino all’anno / quando io vedrò che non vieni / dal gran dolore morirò.]
SCENA QUINTA
(Inquisitore e Francisca)
Inquisitore (risedutosi nel suo scranno, pensieroso, con una luce pietosa negli occhi, calmo):
Ebbene?!!
Il tempo fugge,
la folla strepita
il fuoco crepita…
Parlate dunque!
Chi siete?
Il nome vostro ditemi!
Francisca (tremando ma con un lampo di audacia nello sguardo):
Mio Padrone e Signore, che volete io dica?
Passo da Francisca a Francisco per quotidiana fatica.
Insieme a Francisca Messer Francisco son io.
Masculu fora e fimmina intra.
Omo-femmina sono:
femmina dentro,
e fuori uomo.
Inquisitore (sorpreso e incuriosito)
‘Omo-femmina’ diceste?
Che diavolo è questo?
Chiarite, spiegate, parlate con me!
Francisca:
Vedova sono e povera,
puttana non volli,
di fame morir nemmeno:
contadino mi feci.
E pertanto fazzo questa cosa
che di donna adivento huomo.
Lo fazzo per travagliari,
per moscarmi un tozzo di pani
Fimmina intra e masculu fora.
Divento da donna uomo,
uomo da donna.
Per lavorare alla giornata,
buscarmi un pezzo di pane.
Null’altro, Signor mio.
[MUSICA (per dire la sospensione terribile per l’imminente giudizio, dentro Francisca e i dubbi vorticosi nella mente dell’Inquisitore)]
Francisca (alzando lo sguardo e guardando l’Inquisitore, disarmante e audace):
…Ijo per questa cosa
a chui fazzo danno,
a chui dugnu fastidio,
mi Patrone?
… A chi fa danno,
a chi crea fastidio,
Signor, l’aspetto mio!!?
[MUSICA (per dire il turbinio interiore dell’Inquisitore)]
SCENA SESTA
Voce/coro
I nomi non sempre son neutri:
se dici ‘Francisco’ possono condannare
se dici ‘Francisca’ possono salvare.
I nomi non sempre dicono le cose come sono:
‘strega’ non esiste
‘Francisco’ non è ‘messere’
‘Francisca’ non è ‘strega’.
Ha cuore di femmina,
e mani da uomo,
e cervello di entrambi.
Si ascolti la Grazia!
Si ascolti Ragione!
La potenza meglio si sente
nei deboli e giusti.
Strega stregazza bottana indiavolata…
Si silenzi la voce del volgo!
fimmina intra e masculu fora..
.. .Lo fazzo per travagliari …
Si intenda la voce di lei!
Se tutte le morti innocenti
giovassero a raggiunger la Verità
tutta la Verità quel prezzo mai varrà!
Falsa calunnia infama
colui che la pronuncia
mai chi inerme
subisce la condanna.
Si ascolti, si ascolti Ragione!
Exurge Domine, judica causam tuam…
Si ascolti, si ascolti la Grazia!
SCENA SETTIMA
(Inquisitore solo)
Inquisitore (esitante, perplesso):
Omo-femmina…!?…
Vacillan mie certezze?…
Credevo che per ‘strega’
identico fosse il giudizio
di Dio, del mondo, ed il mio…
(Legge con attenzione, soppesando, sillabando quasi le parole):
“Pareva un bellissimo giovine
ma alla fine era faci di donna
su cui brillavano occhi,
come di femmina strega”
Confuse son ‘ste carte!
Confusi voci e accenti!
Confusi nomi e cose!
Voci indistinte echeggiano
dentro la mia testa:
Dagli alla strega! Al rogo la strega!
(Giovane, fiera, inerme…)*
… strega!
(Povera, a testa alta, audace…)
… rogo!
(attonita, spavalda, libera…)
… fuoco!
Cielo!
Sfuggono i nomi!
Non dicono le cose!
Strega stregazza bottana indiavolata…
Ma chi lo dice?…
La folla…
… Tanta è la paura di non essere liberi…
“per moscarmi un tozzo di pani”
…non ne ha il diritto forse?
Condannarla dovrei per un pane terreno?
per non essersi buscata quello celeste…?!…
[NB: gli echeggiano in testa le voci di pensatori illuminati]
“Vi scongiuro fratelli,
rimanete fedeli alla terra
non credete a quelli che vi parlano
di sovraterrene speranze…”
Follia!
“…Ijo per questa cosa
a chui fazzo danno,
a chui dugnu fastidio,
mi Patrone?
…a chi fa danno, a chi crea fastidio, Signor, l’aspetto mio!!??”
Torto non ha…
A chi fa danno l’aspetto suo?
A chi fa male il mestiere suo?
A chi fanno male i nomi suoi?
“fimmina intra e masculu fora”
“Cuore di femmina”
“Mani da uomo”
“Cervello di entrambi”…
Che coraggio però il suo!
E che tempi atroci questi!
Di fame, migrazioni e di miseria
Di poveri, di guerre e terremoti…!
L’uomo non è mai libero.
Deve sempre trovar
qualcuno a cui prostrarsi
e qualcuno da immolare,
per definire meglio la sua gabbia.
…Quel Bruno…
E se avesse ragione…
E vincolo
tutt’uno ed indistinto
uomo-natura-divinità …fosse?!…
E tollerare si debban?…
…Quel rogo….allora….
…infame fiamma!
(Sfoglia un libro, perplesso, sarcastico quasi):
… che bibbia questo Malleus Maleficarum!
Wikipedia di calunnie e di fake news,
… di streghe onnipotenti
che rubano ai maschi gli attributi loro
per poi disperderli
in boschi e campi incolti…!?
(Alzando gli occhi dal libro, severamente):
In questi pochi secoli
in cenere ridotte
da due a quattro milioni…
Ed io…
seguire il popolo?!…
Creatore di fole e pregiudizi,
per far trascorrere i giorni e
salvarsi la coscienza?
Io…
ascoltarne i nomi privi di cose …
dovrei?!…
… dagli all’untore…?!
… morte all’untore …!?
… dagli alla strega …!?
…morte alla strega…?!
… al rogo la strega…
NO!
Non ha alcun senso
questa furiosa cecità.
Toglier dobbiamo le contraddizioni dalle cose,
dopo avere compreso
che ve le abbiamo erroneamente messe noi!
Bisogna…
…e perché mai?
Per giusto uso del libero arbitrio?
Per un cambio di nome e di panni?
Per dire tutto a posto a Fede e Coscienza?!
Per il panem et circensem di tanti?
NO!
…Chi sono io per spegnere
la vita di un’afflitta?…
(Disperato, sussurando quasi):
Quali voci, che echi rintronano…
Povera
audace
e giovane
Exurge Domine et judica causam tuam!
Inerme coraggiosa
e fiera
Questi nomi dicono le cose…
Libera…
di volere e di essere.
Come è giusto che sia!
a chui fazzo danno,
a chui dugnu fastidio,
mi Patrone?
…a chi fa danno, a chi crea fastidio, Signor, l’aspetto mio!!??”
(la voce di Francisca gli risuona nella mente e lui le replica come in un’allucinazione, trasognato)
Francisca:
Cosa c’entra con me il nome mio?
È il mio nome che dice chi sono?
Cosa c’entra l’abito mio?
È il mio abito che dice che faccio?
Strega mi dicono per i panni che indosso…)
Inquisitore:
…Nomina sunt consequentia rerum..?!
mah…
Può un nome dire chi sei?
E se il nome non fa la persona?
Strega per panni che indossa?
Gli abiti non mentono…ma pure non fanno!
Se l’abito non fa il monaco
può forse fare la strega?
Voci da fuori e da dentro
mi occupano udito e pensiero.
A chi ispirarmi perché sia fatta giustizia?
A chi rivolgermi per seguire modello e consiglio?
In nome della giustizia
troppe volte fu fatta ingiustizia.
Saggiamente devo muovermi io…
Ora sono io signore possente,
con costei devo essere clemente…
Oggi è lei percossa dal fato,
domani, chissà, me potrà il fato colpir.
Voce/coro:
Ascolta tua voce,
Cerca te stesso,
Richiama coscienza…!
[MUSICA (ad accompagnare e sottolineare il tumulto dell’Inquisitore, il rafforzarsi del dubbio, la progressione della sua tormentata ricerca interiore che lo porterà oltre la cecità delle idee ricevute e del conformismo atteso)]
Inquisitore:
(Sconvolto):
Cosa son queste fiamme
Che sento nel petto!?
… Dolore di fiamme
mi brucia la mente…
“O Santa asinità, sant’ignoranza
Santa stolticia et pia divotione”
Cos’è questo affanno
che il cuore mi schianta…?
Sono io dei forti e potenti?…
No!
“E gli ultimi saranno i primi…”
Tutti uguali noi siamo!
Exurge Domine et judica causam tuam
(Provato, deciso):
No, Francisca,
Francisca di grand’animo
e Francisco di grande coraggio.
A nessuno fan danno,
a nessuno creano fastidio
l’aspetto, i nomi tuoi.
SCENA OTTAVA
(Inquisitore e Francisca)
[MUSICA (a dire la paura e la sospensione di Francisca, la raggiunta certezza, a lei ancora oscura, dell’Inquisitore)]
(L’Inquisitore e Francisca, entrambi in piedi, l’uno di fronte all’altra.
La musica (forse un coro muto, o con le due voci che fanno un canto muto) sottolinea l’abdicare del potere autoritario davanti alla verità raggiunta da lui e la fede ferma nella propria verità che lei ha sempre avuto, pur nella trepidazione per il proprio destino da subalterna)
Inquisitore (con sguardo pietoso, rispettoso, ammirato quasi):
Va’ figlia mia, ti benedico.
Continua a fare come a te ti piace
Perché ora so della tua innocenza e liberalitate
Va’ ti dico…
Et ego te benedico.
Francisca:
(In silenzio, lo guarda con occhi scintillanti mentre lui proclama il verdetto, lo sguardo calmo e fiero, indietreggia verso la porta, si inchina salutandolo ed esce di scena).
Voce/coro:
Allura la buona Donna
si nandau per li fatti suoi
e seguitau conforma faceva che
di femina operava di Huomo.
Allura si nandau
a fare il Bordonaro,
E andava e veniva
La Notti e il Giorno.